Maternità e gravidanza

La gravidanza rappresenta una fase del ciclo vitale della donna che richiede una profonda riorganizzazione dell’immagine di sé attraverso complessi processi elaborativi operati sia a livello corporeo che rappresentativo.
La gravidanza viene a costituirsi, dopo l’adolescenza, come un terzo processo di separazione-individuazione; la donna infatti raggiunge con la maternità una maggiore e articolata individuazione di se stessa come donna e come madre attraverso una differenziazione dei propri confini personali e del proprio spazio interno nei confronti della propria madre,del partner e delle altre figure rappresentative.
Divenire madre comporta innanzitutto confrontarsi emotivamente con la propria madre, a volte ponendosi nei suoi confronti in competizione per arrivare a prenderne il posto.

La maternità sancisce la fine del ruolo esclusivo di figlia che diviene contemporaneamente genitore e figlia. Ciò può suscitare angosce di perdita, piuttosto che sentimenti di colpa connessi al desiderio di sostituirsi alla propria madre spodestandola, quindi simbolicamente uccidendola. Non dimentichiamo che l’attitudine materna, che è rappresentata dalla capacità di dare e di rendersi disponibile verso l’altro, dipende anche dal rapporto che si è avuto nell’infanzia con la propria madre e dalla sua disponibilità nei propri confronti.
Durante i mesi di gestazione, soprattutto dal momento in cui si avvertono i primi movimenti fetali, è altrettanto importante l’identificazione con il feto e, successivamente con il neonato al fine di sviluppare la capacità di accogliere il bambino attraverso una progressiva ridistribuzione degli investimenti oggettuali e narcisistici.

Ciò comporta una trasformazione del desiderio narcisistico di essere amata che subisce una metamorfosi, cioè viene trasferito dal “proprio Io” al “figlio”. Questo permette la distinzione tra il desiderio di maternità e il desiderio di gravidanza. In quest’ultimo, a differenza del primo, dove prevale l’investimento sul bambino, vediamo manifestarsi soprattutto il bisogno narcisistico di provare a sé stessa che il proprio corpo funziona come quello della madre.
Diversi sono i meccanismi a livello psichico che accompagnano la gravidanza.

Uno di questi riguarda l’orientamento verso il mondo interiore. Nonostante la donna continui ad assolvere i compiti abituali, manca in lei una partecipazione intima per ciò che fa. In un certo senso le energie psichiche vengono ritirate dal mondo esterno in favore della salvaguardia di ciò che avviene dentro di sé. Ne sono la conferma alcune verbalizzazioni: “ho notato più dolcezza e meno aggressività, ho scoperto che tutto sommato il lavoro che prima ritenevo importante, ora di fatto è passato in secondo piano”.
Da un punto di vista psicologico il secondo trimestre è quello in cui la donna inizia ad avere un’immagine mentale del bambino, questo grazie anche alla percezione dei movimenti fetali che diventano la conferma della presenza del bambino, e ai cambiamenti visibili del corpo che si trasforma. È attraverso l’ascolto dei movimenti del proprio bambino e il dialogo che si instaura tra i due che si costruisce la relazione tra madre e feto. Al riguardo, ai movimenti viene assegnata una differente valenza affettiva: gioia, disagio, gioco o semplice attività motorio senza scopo.
È in questo periodo che a volte nelle donne affiora il senso di responsabilità delle eventuali ripercussioni sul feto dei propri stati d’animo e soprattutto dello stress. Si sentono delle madri portatrici di sofferenza al bambino in quanto legate oltre che dal rapporto fisico, anche dalla relazione emotiva. In realtà, l’osservazione dei processi fisiologici e della capacità da parte del feto di innescare degli adeguati meccanismi di difesa in caso di bisogno, dimostra le potenzialità e le risorse della placenta e del feto di adattarsi nel migliore dei modi per affrontare i disequilibri accidentali che provengono dalla madre sia a livello fisico che psicoemotivo durante la gravidanza.
Con l’inizio dell’ultimo trimestre, e in particolare dell’ultimo mese di gravidanza la donna si trova di fronte a nuove modificazioni fisiologiche: il feto aumenta di peso e di volume, le contrazioni fisiologiche si possono accentuare, il corpo si trova a doversi adattare a nuovi cambiamenti. Gli interrogativi riguardano: “come sarà il parto”, “come sarà il bambino, che peso avrà”. Il timore per il dolore e la capacità o meno di sopportarlo e superarlo accompagnano quest’ultimo periodo. Nella realtà il timore del dolore fisico e della propria capacità di poterlo affrontare, porta in sé anche il dolore emotivo per la separazione e il concludersi della relazione privilegiata che madre e feto hanno vissuto durante tutti i mesi della gravidanza. L’interrogativo che spesso si sente pronunciare dalle donne è “sarò capace di partorire?” che nasconde in sé un’altra domanda: “sarò capace di separarmi da questo bambino?

 

Depressione post parto

La condizione depressiva più nota è la Depressione post-partum. I dati statistici indicano che il disturbo coinvolge circa il 15% delle neo-mamme, le quali spesso ne soffrono anche nella gravidanza successiva.
I sintomi, che si manifestano entro le prime quattro settimane successive al parto, possono includere: 1) una forte depressione dell’umore che rende la neo mamma triste, incapace di provare interessi e piacere, incline a piangere per un nonnulla e a provare sensi di colpa, spesso chiaramente auto svalutante; 2) una grave e ingiustificata ansia generica e/o specifica, ad esempio rispetto alla salute del bambino, talvolta anche attacchi di panico; 3) alterazioni del sonno, la donna non riesce a dormire o dorme tante ore di seguito; 4) alterazione del comportamento alimentare, nel senso di mangiare molto meno con seguente diminuzione del peso o mangiare troppo e continuamente; 5) alterazioni nel comportamento, agitato o rallentato, spesso accompagnato dalla sensazione di non avere energia e di essere sempre affaticata; 6) alterazione della cognizione, ossia ridotta capacità di pensare, di concentrarsi, di ricordare, con sensazione di indecisione cronica. Possono manifestarsi anche pensieri di morte e ideazione suicidaria, talvolta l’idea ossessiva è quella di poter fare male al bambino. Raramente i sintomi conducono all’infanticidio e/o al suicidio.

Le cause della depressione post partum sono molteplici e non del tutto chiarite, in gioco ci sono: a) fattori ormonali, in particolare di tipo sessuale e tiroideo, e fattori legati ai livelli dei neurotrasmettitori; b) fattori fisici, per esempio la stanchezza indotta dai ritmi imposti dal bambino; c) fattori sociali, come la giovane età, l’inesperienza e la scarsità di aiuto e sostegno; d) fattori psicologici, la familiarità con sintomi depressivi ed una personalità caratterizzata dalla bassa autostima; e) fattori cognitivi, come il nutrire aspettative irrealistiche sull’essere madre o sul bambino. L’evoluzione del disturbo può avvenire in modo tanto sottile da renderne spesso difficile l’identificazione: molte volte la neo mamma e coloro che le stanno intorno, minimizzano l’intensità dei sintomi con la convinzione che passeranno e che siano “normali”, come nel maternal blues; altre volte, o contemporaneamente al caso precedente, è la donna che sentendosi fortemente in colpa per i sentimenti depressivi che si ritrova a provare proprio quando dovrebbe essere più “lieta” e felice, non esplicita i pensieri negativi su di sé e sul bambino e minimizza o non rivela affatto i propri sintomi. Una depressione post partum non riconosciuta e/o trattata, può protrarsi anche per più di un anno con molte e gravi ripercussioni sulla relazione di attaccamento e più in generale sul funzionamento psicologico e la personalità sia della madre che del bambino, nonché del padre. Recenti studi indicano che il rischio per il bambino di sviluppare una psicopatologia è da 2 a 5 volte superiore alla media: tipicamente si spazia dall’attaccamento insicuro a difficoltà di tipo cognitivo e comportamentali, ai disturbi depressivi e psicosomatici.

Nel caso la neo mamma o qualcuno di coloro che le stanno vicino, dovesse rilevare sintomi simili a quelli descritti per la depressione post partum, è necessario chiedere tempestivamente aiuto, per una diagnosi corretta e per un adeguato trattamento farmacologico e psicologico.

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